Se lo vedesse Heidi ……le verrebbe un coccolone

L’altro giorno nei miei momenti social della giornata mi sono  imbattuta nelle immagini dall’alto della zona dove stanno costruendo la pista da Bob per le Olimpiadi di Cortina 2026, e ci sono rimasta secca.  Ora, non sono una che lavora in quel settore, e di come deve essere costruita una posta da bob non ne ho la più pallida idea, ma questo serpentone di cemento che si insinua nel bel mezzo del bosco mi ha fatto venire i brividi. Gli alberi di un bosco ceduo,  d’accordo, si tagliano pure, ma il cemento? Cosa c’entra il cemento con il bosco?

 Non dovevano essere sostenibili queste Olimpiadi?

Da sempre sono sinonimo di pace e  di fratellanza (in passato si sono anche fermate le guerre per le Olimpiadi) non mi sembra che stiano dando tutto questo segnale di amore .  Già nel voler a tutti i costi riportare degli sport in un luogo dove non si praticano più mi sembra del tutto fuori luogo. Un vero e proprio sgarbo unito alla nostra solita prepotenza verso la natura che ci ospita. Il fatto che si stiano costruendo infrastrutture sportive fa già capire come quello sport sia ormai decontestualizzato.

La pista la costruiamo daccapo perché quelle che ci sono o non bastano o son vecchie o sono andate in disuso  (cosa vorrà dire quindi ?), la neve la spariamo perché tanto quella che c’è non basta più, gli alberghi sono pochi e vecchi e quindi edifichiamo ancora hotel “esclusivi” (alla faccia dell’inclusione)…, e  perché non farle nelle Marche allora queste olimpiadi invernali? Oppure in Puglia? Arrivati a questo punto non pongo limiti . Tanto è tutto finto.  Una vocazione del territorio imposta a tutti i costi, che non è più vocazione se devi creare tutto daccapo.

Si stanno costruendo alberghi, strade, viadotti, camere per ospitare gli atleti, stiamo seminando a caso tra gli alberi piste, seggiovie, fili, tralicci, ponti… per cosa poi? Per guadagni  di brevissimo periodo. Come se la logica dei grandi eventi non ci avesse dato già le lezioni che meritiamo, dal litorale alle Alpi.

 Ci lamentiamo dell’overtourism nelle città, dei lucchetti e delle targhe B&B fuori il nostro palazzo, dei centri abitati che si svuotano di residenti e si gonfiano di turisti nel fine settimana, e poi in un territorio che deve affrontare il rischio spopolamento (anche Cortina sì ha il problema dello spopolamento)  non facciamo altro che creare artifizi.

Non paesi, non centri abitati, ma parchi giochi temporanei. Tra  l’altro la montagna vive ormai un momento delicato dove picchi di altissima stagione, con fenomeni quasi di paralisi e schizofrenia, si alternano a periodi montani veri e propri (il silenzio, poche macchine, poche persone, animali tanti, lavoro duro, grappa al bar), per cui non credo proprio avesse bisogno di essere umiliata in questo modo. Mercificata, stravolta, distrutta e poi infiocchettata e tirata a lucido per la festa. Tutte le proteste che ci sono state hanno il loro fondamento.

Ho voluto rileggere Assalto alle Alpi di Marco Albino Ferrari, per sentirmi meno sconvolta da quelle immagini e forse anche meno sola nella mia piccola indignazione.

E, ahimè, l’artifizio continua anche a tavola: “conosco la mia reazione davanti a un piatto grande quando un carta geografica infarcito con un monticello di cibo al centro, magari la polenta della nonna con sopra un lampone” scrive ironicamente Ferrari, parlando di come anche la cucina “tipica” montana si stia trasformando in qualcos’altro, che di tipico e di montano ha sempre meno.

Forse oltre alle Olimpiadi dello sport di turno dovremmo proporre le Olimpiadi della Natura. Per iniziare ad avere rispetto e amore vero.

Il libro comunque non ve lo perdete. vi lascio il link

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