Se sei in vacanza in Romagna e hai una bici al seguito, non puoi non salire a Bertinoro. Per i ciclisti è un must. Per i cicloturisti lo è ancora di più, perché dopo una salita bella croccante ti puoi ampiamente concedere un buon bicchiere di vino per affogare la stanchezza.
La prima pedalata è per scaldare le gambe in uscita da Forlì, attraversando il parco del Selbagnone. Bertinoro ci aspetta lì, arroccato sulle prime colline dell’Appennino Romagnolo, nel cuore della Romagna.
Non sono riuscita a contare quanti ciclisti abbiamo incontrato per la strada: romantici cicloturisti dal Nord Europa con le loro borse laterali, tende e materassini sul portapacchi, ma anche ciclisti locali super veloci che, chissà quante volte al giorno per allenarsi, salgono e scendono da Bertinoro. Arrivati su, e riempita più volte la borraccia alla fontana pubblica nella piazza del Municipio visto il gran caldo, ci godiamo il panorama da questa bellissima terrazza. È chiamato non a caso il “balcone della Romagna”, avendo un panorama così suggestivo che va dalle colline al mare Adriatico. Questo piccolo borgo, di poco più di dieci mila abitanti, è la tipica cittadella medievale racchiusa tra le cinta murarie, con torri e case antiche. Rinomata ‘Città dell’ospitalità’ grazie alla tradizione della Colonna dai dodici anelli, rievocata puntualmente ogni prima settimana di settembre, dove ogni anello corrisponde a una delle dodici famiglie deputate un tempo ad ospitare il forestiero che, arrivando in centro, vi poteva legare il proprio cavallo.
Ma Bertinoro è conosciuta soprattutto come “Città del vino”. Secondo la leggenda infatti, Galla Placidia, figlia dell’Imperatore Teodosio, di passaggio in questi luoghi, dopo aver bevuto del vino locale servito in un’umile coppa, disse:
“non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro”
e da qui il nome della città. Da sempre importante centro di produzione di vini, qui nel 1967 fu creato addirittura il Tribunato dei Vini di Romagna proprio con l’idea di fare un “atto di amore per la propria terra e la propria gente”. Successivamente , nel 1972 nacque la prima enoteca dei vini della Romagna, la Ca’ de’ Bé, che conserva al suo interno ancora le mattonelle in ceramica con i nomi di famiglia dei tribuni e che rappresenta un’autentica vetrina delle migliori produzioni enologiche tipiche locali ( e dove la sera stessa ci siamo regalati una godereccia cena romagnola).
Vini tipici della zona? L’Albana, bianco, il Sangiovese, rosso, e il Pagadebit (nome buffo derivante dal fatto che i vignaioli riuscivano a pagare i debiti derivanti dalla cura della vigna grazie alla robustezza e la resistenza degli acini dell’uva).
Dopo Bertinoro, tutta discesa e siamo a Cesena. Non c’ero mai stata, e l’ho trovata pulita, accogliente, e tanto bike friendly. Strade cittadine con velocità ridotta , “strade 20” e addirittura 10, roba da far impallidire il nostro attuale ministro, e tante persone in bici. Il prestigio della Biblioteca Malatestiana, nel cuore del centro storico, è evidentissimo appena si varca l’ingresso e si sale al primo piano. Domenico Malatesta, decise di costruire la biblioteca inaugurandola nel 1454 proprio dove sorgeva il complesso monumentale dei frati Francescani. Straordinario esempio di biblioteca umanistica, ha conservato nei secoli struttura, arredi e patrimonio librario di notevole pregio tale da essere stata inserita dall’Unesco nel Registro della Memoire du Monde.
Costeggiando la via Emilia, ma tutta su ciclabile, arriviamo a Forlimpopoli, seconda patria, qui in Romagna, della gastronomia tipica. Pubblicato nel 1891, con 32 edizioni attive già nel 1931 e letto quasi quanto i ‘Promessi Sposi’ e ‘Pinocchio’, il libro ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’ di Pellegrino Artusi è quasi come la bibbia della cucina tradizionale italiana. Il volume raccoglie 790 ricette che le casalinghe da tutta italiana hanno condiviso con Artusi tramite posta cartacea, accompagnate da riflessioni e aneddoti dell’autore stesso. In un’epoca i cui il paese era ancora giovane ( l’unità d’Italia era avvenuta solo nel 1861) Artusi, tramite la cucina e lo stare a tavola, ha trovato la strada forse più breve per unificare culturalmente l’Italia.
Qui dove è nato, è stata istituita Casa Artusi, un vero e proprio centro culturale e gastronomico dedicato alla figura di Artusi ; oltre al Museo, è presente una Scuola di cucina , con corsi pratici per appassionati e professionisti ( proprio questi tavoli sono stati testimoni delle mie prime tagliatelle al ragù bolognese), una biblioteca, un ristorante e uno spazio per gli eventi.
Ultima tappa di questo anello, in questo caldo giorno di fine luglio, è per un caffè al BRN Village. L’Emilia Romagna insieme ad altre 2-3 regioni italiane , detiene lo scettro per quanto riguarda il mondo del ciclismo: aziende del settore e campioni del ciclismo hanno segnato indelebilmente queste strade. Qui è possibile seguire dei corsi di educazione stradale, sfidarsi su pump track di livelli diversi, dedicarsi alla pulizia della propria bici, o semplicemente fermarsi al cafè/ ristorante; tanto qui, un po’ ovunque, si respira aria di ciclismo. Una tappa da non perdere se si ama la bici.
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