Ogni tanto i social fanno anche cose buone.
In effetti tutto è nato da un post che ho letto e che mi ha fatto scattare la classica molla “Ok lo faccio”.
A metà agosto vedo una foto sul profilo social di uno scrittore che seguo (antropologo, etnologo, etc) che mi fa tanto arrabbiare. Un corriere distratto lascia per terra, in una delle sue tante consegne, uno scatolone davanti l’ingresso di una abitazione. Peccato che quello scatolone conteneva dei libri, freschi di stampa, che si sono tutti bagnati con la pioggia di quel giorno. Incredibilmente la casa editrice, People, fa partire, un po’ per scherzo un po’ per amore verso i libri, una campagna per non buttare quelle copie appena uscite. Con un prezzo più basso, si poteva comprare quel libro, un po’ ammaccato ma pur sempre leggibile, ed un altro libro, affine per tematica. Una reazione alla disattenzione altrui, l’amore per i libri, la riconoscenza verso chi, per pubblicare e stampare quel libro, ha dedicato intere giornate di lavoro.
Non si butta via niente, lo sappiamo.
Ricevo così a casa dopo pochi giorni “Sottocorteccia”, di Pietro La Casella e Luigi Torreggiani, e “I ghiacciai raccontano” di G. Baccolo
Ammetto che forse anche io a volte vedo la montagna come quel qualcosa di edulcorato e perfetto che mi salverà dalle cose brutte della vita, però frequentandola e conoscendola sempre di più mi sento di partecipare anche alle sue “sventure”, che fanno parte della vita reale.
Parlo della tempesta di Vaia che nel 2018 ha decimato parte degli abeti delle Dolomiti di nord est, e parlo del bostrico, un coleottero che sta compromettendo gli abeti rossi, la specie più diffusa e importante dei boschi alpini. Sul primo evento, che si è manifestato improvvisamente e rumorosamente lacerando in una sola notte intere foreste, si è innescato il secondo, silenzioso, lento ma costante. A complicare le cose, il riscaldamento globale. Vivendo dall’altra parte dell’Italia ne sapevo poco, ma volevo leggere e capire meglio.
Questo libro parla, infatti, del bostrico, un insetto, che sta cambiando il paesaggio, creando delle macchie rosse ben visibili da lontano e che non è frutto di foliage romantici, ma di alberi secchi. Ma non è solo questione di paesaggio inteso come lo sfondo di una cartolina, perché quando si parla di territorio che cambia si sta parlando di economie (basti pensare alla filiera del legno, alterata e compromessa da questi eventi), di animali (tra chi se ne approfitta, come il bostrico che è ghiotto degli zuccheri presenti nei tronchi squarciati da Vaia, decidendo di fare qui la propria camera nuziale per riprodursi, e chi si dimostra essere addirittura il suo antagonista), ovviamente di alberi (in termini di distribuzione, con i suoi quasi 400 milioni esemplari, l’abete rosso è secondo solo al faggio), ma anche del ruolo dei boscaioli, custodi del patrimonio boschivo italiano.
Legno di risonanza famoso per i violini; materiale da cui si ricava il pellet; legno di costruzione più importante per il settore dell’edilizia e gli imballaggi; l’abete rosso è la specie forestale più importante del mondo. Un vero e proprio capitale di comunità.
Tanti sono i punti di vista affrontati in questo libro, le metodologie usate per studiare il fenomeno, e le ipotesi vagliate per trovare una soluzione. Una sorta di libro corale che sono contenta di aver letto. Le persone che amano i propri boschi, la propria terra si interrogano, ragionano, si confrontano.
Leggendo queste pagine ho spesso pensato al fenomeno della xylella , che parallelamente al bostrico, ha decimato milioni di alberi di ulivo, spesso millenari, qui in Puglia, anche se le cause non sono le stesse ovviamente (anche qui si incrociano le colpe alla monocultura con ipotetici complotti uniti alla disaffezione verso la campagna intesa come economia familiare).
Certamente fenomeni così complessi non possono essere affrontati con soluzioni semplici e veloci; purtroppo la politica non è più abituata a governare la complessità, e non solo per ciò che riguarda il rapporto uomo-ambiente.
Cosa possiamo fare noi? Conoscere, informarci, cercare di fare meno danni possibili, e amare se possibile ancora di più la natura che ci circonda.