Partenza da Passo Croce D’Aune: da un lato la Riserva Naturale delle Vette Feltrine, dall’altro la vallata verso Fonzaso e Feltre. In mezzo poche case, camper che salgono al Passo anche loro, molti trekkers, ciclisti, famiglie in esplorazione, e tanta natura.
Siamo nel cuore delle Dolomiti Bellunesi.
Da qui, seguendo il sentiero CAI 801, raggiungeremo l’Alta Via Bellunese n°2, con punto di arrivo il Rifugio Giorgio Dal Piaz. Iniziamo a salire e non siamo soli sul sentiero: incontriamo tante sculture realizzate da artisti locali con tronchi di alberi che richiamano elfi, gnomi, boscaioli, e altri protagonisti imprescindibili della montagna come il fiasco di vino e le forme di formaggio.
Il bosco è magico. Ogni tanto si aprono scorci sulle vallate. Man mano che saliamo le case sono sempre più piccole, gli alberi sempre più alti, il silenzio sempre più rigenerante. In quasi 1000 mt di dislivello fino al rifugio le piccole soste sono d’obbligo; servono non solo per riprendere fiato ma anche per avere la consapevolezza della bellezza attorio a noi. Si potrebbe optare per la mulattiera che spesso incontriamo, e che usa la forestale per salire, ma adesso ci piace rimanere immersi nel bosco, anche se questo comporta salite più ripide. La faremo al ritorno.
Passa la prima ora e passa la seconda. Devo dire la terza è tutta un’attesa di vedere sempre più vicino il rifugio anche perché la fame – e la sete- inizia a farsi sentire. Ormai siamo anche fuori dal bosco. Il panorama è bellissimo. Si vedono i contorni delle vette in alto, i paesi lontanissimi, le strade quasi non si riescono più a distinguere. Ma la cosa più bella sono i tanti fiori che vediamo qui a lato del sentiero. Fiori enormi, di una varietà e con colori così accesi come poche volte avevo visto; gigli di montagna, campanule, stelle alpine, ranuncoli, papaveri gialli, sono esplosioni di colore sulle rocce bianche. Come poi ci confermerà un alpino al rifugio, raramente si è vista una fioritura cosi eccezionale.
Quando finalmente i contorni del rifugio iniziano a delinearsi più realisticamente quasi non sento più la stanchezza. Soprattutto grazie al profumo che esce dalla cucina e mi viene incontro diffondendosi nell’aria. Il pranzo – e la gigantesca birra – ce lo godiamo tutto, cosi come recita la scritta sulla tovaglietta eco friendly sul tavolo: “non abbiate fretta, godetevi la pace, la compagnia, il cibo, la natura, e assorbite tutta l’energia positiva che questo posto ci dona, non abbiate fretta”.. I proprietari sono simpatici; lei ottima cuoca friuliana, lui con studi antropologici alle spalle, ha addirittura visitato più volte il Salento per studiare il fenomeno dei rituali legati alla taranta. L’atmosfera è calda, come in tutti i rifugi di montagna, accogliente. Sono in vendita anche cartine escursionistiche e diversi libri sulla montagna, che, ovviamente, da grandi amanti di libri, cartine e mappe varie, non esitiamo ad acquistare.
C’è un gran chiacchierare quassù; diversi alpini entrano per salutare i gestori, i pastori per bere una birra, trekkers italiani e soprattutto stranieri arrivano qui per poi passare la notte.
Una vera famiglia.
E soprattutto finalmente fa freddo. In una lunga e calda estate, fuggiti dalle calure del sud, finalmente abbiamo trovato temperature piacevoli, anche se siamo dovuti salire a 2000 metri di altezza. Ci piace.
Decidiamo per la discesa di camminare lungo la mulattiera; anche se più lunga, preferiamo far riposare le nostre ginocchia e goderci il panorama visto che ci sembra molto generosa in questo senso. E non ci sbagliamo visto che ad ogni curva a gomito abbiamo una visuale molto ampia sulla vallata sotto di noi. Arriviamo senza problemi al nostro punto di partenza.
Sono stati 1000 metri di dislivello belli tosti, sentiero bellissimo, fatica bellissima, a conferma che “In ogni passeggiata nella natura l’uomo riceve molto di più di ciò che cerca.” come scriveva John Miur. Frase abusata, ripetuta chissà quante volte, ma come si fa a non pensare a lui, o ad Emerson oppure a Thoreau, quando si cammina in un bosco cosi bello?